Il cyberbullismo, secondo quanto riportato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), “definisce un insieme di azioni aggressive e intenzionali, di una singola persona o di un gruppo, realizzate mediante strumenti elettronici (sms, mms, foto, video, email, chat rooms, istant messaging, siti web, telefonate), il cui obiettivo e quello di provocare danni ad un coetaneo incapace a difendersi“.
Il cyberbullismo altro non è che la manifestazione in rete di un fenomeno più ampio e definito come bullismo. Quest’ultimo è caratterizzato da azioni violente e intimidatorie esercitate da un “bullo”, o un gruppo di “bulli”, su una vittima. Le azioni possono riguardare molestie verbali, aggressioni fisiche, persecuzioni, generalmente attuate in ambiente scolastico. Oggi la tecnologia consente ai bulli di infiltrarsi nelle case delle vittime, perseguitandole con messaggi, immagini, video offensivi inviati tramite smartphone e/o pubblicati sui siti web e/o social network tramite Internet. Il bullismo diventa quindi cyberbullismo.
Si pensi alle cronache recenti: soggetti che perseguitano le proprie vittime sui loro profili social, mediante, ad esempio, diffusione di notizie false, foto o immagini denigratorie o intime, senza aver ricevuto il consenso; oppure mediante il furto del profilo e/o delle e-mail, ovvero con sms/mms/e-mail minacciosi o aggressivi.
Sempre più spesso si assiste a fenomeni molto gravi ad opera di soggetti minorenni, quali la pubblicazione di video che testimoniano episodi di bullismo, la diffamazione a mezzo post e/o commenti pubblicati sul profilo social della vittima, la creazione di gruppi e/o pagine che prendono di mira la vittima designata, anche senza che questa ne sia a conoscenza, la persecuzione privata, attraverso chat, o qualunque altro tipo di messaggistica istantanea.
Chiudere l’account o disattivare il profilo, molto spesso non basta: le attività diffamatorie possono ovviamente continuare a prescindere dalla presenza della vittima sul web.
Non esiste, attualmente, una fattispecie legislativa che definisca e punisca il cyberbullismo in sé, ma lo stesso può integrare numerose fattispecie penali, tra cui, a mero titolo esemplificativo: sostituzione di persona (art. 494 c.p. CLICCA QUI); diffamazione (art. 595 c.p. CLICCA QUI); minaccia (art. 612 c.p. CLICCA QUI); atti persecutori o stalking (art. 612-bis c.p. CLICCA QUI); danneggiamento (art. 635 c.p. CLICCA QUI); molestia o disturbo alle persone (art. 660 c.p. CLICCA QUI); lesioni (art. 582 c.p. CLICCA QUI).
Il Governo con il Decreto Legge 14 agosto 2013, n. 93 (recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province, già approvato dalla Camera dei deputati CLICCA QUI), contempla numerose previsioni (aggravanti del reato di violenza sessuale e domestica, del reato di stalking), ponendosi 3 obiettivi principali: 1) prevenire la violenza di genere; 2) punirla in modo certo; 3) proteggere le vittime.
Fra le disposizioni contenute nel predetto Decreto Legge, due articoli riguardano l’utilizzo dell’informatica o della telematica: la norma sul cyberbullismo e l’aggravante prevista per la frode informatica commessa con sostituzione d’identità digitale.
La prima disposizione prevede un aggravamento ordinario (di ⅓) della pena stabilita per il reato di atti persecutori – comunemente indicato come stalking – nel caso in cui il fatto sia commesso “attraverso strumenti informatici o telematici”.
In relazione al reato di stalking, la remissione della querela può avvenire solo in sede processuale; se il fatto possiede le caratteristiche della reiterata minaccia, la querela è irrevocabile.
Il MIUR ha anche emesso una direttiva specifica al fine di contrastare il cyberbullismo e disciplinare l’utilizzo delle risorse informatiche e tecnologiche in generale, all’interno degli istituti scolastici (CLICCA QUI), nonché una direttiva recante le linee di indirizzo circa l’utilizzo dei telefoni cellulari (CLICCA QUI) e, più recentemente (13 aprile 2015), le linee di orientamento per azioni di prevenzione e contrasto al bullismo ed al cyberbullismo, aggiornate nel 2017 (CLICCA QUI).
Le direttive stabiliscono che sia trattato con estrema severità l’uso dei telefonini da parte di studenti (ma anche insegnanti) durante l’orario di lezione. In caso di violazione di questa regola le conseguenze partono dalle sanzioni disciplinari sino ad arrivare all’allontanamento dalla scuola.
In secondo luogo, si propone la redazione di un regolamento interno alla scuola per disciplinare l’utilizzo delle risorse informatiche e si introduce, infine, il cosiddetto “patto di corresponsabilità”, incitando le scuole a dar vita con le famiglie a un canale diretto per poter reciprocamente prendere atto dello sviluppo che il fenomeno del cyberbullismo sta vivendo.
Per ottenere la tutela legale è assolutamente necessario sporgere denuncia ad un organo di polizia (quella postale può recuperare, in tutto o in parte, anche i messaggi e/o le conversazioni eliminate) o all’autorità giudiziaria, descrivendo dettagliatamente l’episodio o gli episodi subiti e conservandone la prova.
Oltre alle tutele penali, la vittima può attivarsi anche in sede civile, chiedendo il risarcimento del danno.
E’ sempre opportuno, in casi come quelli sopra descritti, munirsi dell’assistenza di un professionista avvocato, onde ottenere le maggiori garanzie di tutela dei propri diritti.
Articolo redatto a cura dell’Avv. Luca Rufino
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