Il testamento olografo significa alla lettera testamento “scritto per intero”.

La peculiarità, secondo l’art. 602 c.c. (CLICCA QUI per il testo) sta però nel fatto che esso debba essere scritto per intero “di mano” del testatore, cioè integralmente autografo, nonché datato e sottoscritto.

Perché possa scrivere di proprio pugno il testamento olografo è necessario che il testatore sappia leggere e scrivere. E’ nullo per difetto di autografia, ai sensi dell’art. 606 c.c. (CLICCA QUI per il testo), il testamento olografo che l’analfabeta abbia copiato da una minuta predisposta da un terzo, riproducendo pedissequamente segni grafici il cui significato gli era sconosciuto.

Il testamento olografo, oltre ad essere la forma di testamento più semplice e più diffusa, è altresì la più segreta, in quanto il testatore può tenere nascosto non soltanto il contenuto della disposizione, ma perfino il fatto che egli abbia testato, sottraendosi perciò ad ogni eventuale pressione di terzi.

A differenza del testamento per atto di notaio (c.d. pubblico), il testamento olografo presenta il rischio dello smarrimento, della distruzione, della falsificazione.

Il testamento olografo ha natura di scrittura privata ma, tuttavia, è qualcosa in più della comune scrittura privata: mentre in questa, infatti, è autografa soltanto la firma, nel testamento olografo è autografo anche l’intero testo.

Il testamento olografo quale scrittura privata, richiede ovviamente un supporto materiale idoneo a trattenere lo scritto. Viene quindi in considerazione, in primo luogo, la carta, ma, non disponendo l’art. 602 c.c. nulla in proposito, è opinione comune che il testatore possa utilizzare qualsiasi strumento idoneo a conservare e fissare la grafia, in maniera che essa risulti intellegibile. La casistica al riguardo è la più svariata: tavole di legno, foderi di spada, pareti, pavimenti, lastre, ecc.

E’ irrilevante che la carta o il diverso supporto utilizzato contenga altri segni o scritture diverse dal testamento. Rileva esclusivamente che l’olografo si distingua dalle altre scritture, poiché, in caso contrario, sarebbe impossibile la stessa identificazione delle disposizioni di ultima volontà redatte dal testatore.

Il testamento olografo dev’essere redatto di pugno del testatore. Ciò comporta ovvie limitazioni nella scelta dei mezzi di scrittura che possono essere utilizzati: sono infatti esclusi tutti i mezzi di riproduzione meccanica  (macchina da scrivere, computer, impressioni a stampa, caratteri Braille, alfabeto Morse, ecc.). Nell’olografo si esige la calligrafia del testatore. Per il resto, ogni strumento è idoneo: penna ed inchiostro, pennello e vernice, matita, ecc.

Il testatore può esprimersi come crede, sempre che il linguaggio utilizzato sia univocamente comprensibile ed idoneo a manifestare la sua volontà. Egli può servirsi della lingua italiana, ovvero di una lingua straniera che gli sia nota, un dialetto, una lingua morta.

E’ da tempo ammesso che il testamento olografo possa essere contenuto in una lettera (c.d. lettera-testamento e/o olografo epistolare): sotto il profilo giuridico il testamento epistolare non è altro che un testamento olografo. Si è precisato che la qualificazione dello scritto come testamento olografo non è esclusa dalla circostanza che, oltre alle disposizioni di ultima volontà del testatore, vi sia un contenuto distinto, estraneo al testamento. Neppure rileva che la lettera non sia stata spedita ma sia stata conservata dal testatore. In definitiva, occorre accertare di volta in volta che la lettera abbia i requisiti formali dell’olografo, ovverosia che con la lettera si sia veramente inteso porre in essere una disposizione di ultima volontà.

Come già detto, il testamento olografo deve essere scritto per intero dal testatore, il che non accade se alla sua stesura abbiano partecipato altri soggetti. Ogni intervento di terzi nella redazione del testamento olografo esclude l’autografia e, quindi, determina il venir meno di un requisito formale dalla cui mancanza discende la nullità, ex art. 606 c.c. E’ sufficiente l’eterografia di una sola parola per escludere il requisito richiesto dalla Legge (deve però trattarsi di carenza concernente la dichiarazione di ultima volontà e non di intervento esterno estraneo alle disposizioni lasciate dal testatore).

Diverso è il caso in cui l’intervento del terzo si sia realizzato attraverso aggiunte o modificazioni effettuate dopo che il testatore, conclusa la redazione dell’olografo ed apposta la data e la sottoscrizione, lo abbia licenziato. Qui vanno distinte due ipotesi, secondo che tali aggiunte e modificazioni siano o meno note al de cuius: se il testatore non ne è al corrente, deve ritenersi che il testamento rimanga valido; se, invece, l’intervento del terzo è effettuato col consenso del testatore, è discutibile se la nullità travolga l’intero testamento o solo la disposizione aggiunta. Sembrerebbe ad ogni modo più corretto ritenere la nullità dell’intero testamento per difetto di autografia.

Diverso ancora è il caso di intervento di terzo per mero ausilio al testatore, tanto più se affetto da condizioni di salute precarie. In tal caso, l’intervento dall’esterno è lecito sempre che il terzo, nell’aiutare il testatore, non finisca per sostituire, in tutto o in parte, la sua grafia a quella del de cuius. La penna perciò deve essere sempre guidata esclusivamente dalla mano del testatore (in caso contrario sarebbe infatti il terzo a scrivere, rendendo così nullo il testamento ai sensi dell’art. 606 c.c.).

Il testamento olografo è perfetto quando è completo ma diviene definitivo, cioè non più modificabile, solo con la morte del testatore, il quale, perciò, può sempre intervenire sulla scheda, modificandone il testo, che non ha ancora vita autonoma e che l’avrà soltanto con l’apertura della successione.

Si è discusso su cosa accada se il testatore, dopo aver completato la redazione dell’olografo, averlo datato e sottoscritto, vi apporti aggiunte e/o correzioni, sino al caso limite dell’inserzione di un contenuto radicalmente diverso. La Suprema Corte di Cassazione ha efficacemente riassunto i termini del problema in una decisione con la quale, nel prendere posizione sul rapporto tra definitività del testamento ed aggiunte e correzioni, ha stabilito che queste ultime, apportate sulla stesura originaria dell’atto, possano ben conciliarsi con la tesi della definitività del testamento, in quanto, per la validità dell’olografo non è richiesta l’unicità di contesto, potendo il testatore redigerlo in più tempi. Perciò, quando dopo le ultime volontà scritte del testatore c’è la firma, questa vale anche come sottoscrizione delle aggiunte eventuali. La validità delle aggiunte e delle correzioni non trova ostacolo neppure nella necessità della datazione: poco importa infatti che l’aggiunta sia posteriore rispetto alla data originaria dell’atto.

Come già sopra rilevato, l’olografo ha natura di scrittura privata. Esso perciò costituisce prova documentale e fa piena prova, in forza dell’art. 2702 c.c. (CLICCA QUI per il testo), della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritto, se colui contro il quale è prodotto non lo disconosca, negando l’autenticità della scrittura o della sottoscrizione.

 

Articolo redatto a cura dell’Avv. Luca Rufino