In tema di responsabilità medica, il 17 marzo 2017 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 8 marzo 2017, n. 24, recante “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” (c.d. legge Gelli – leggi qui il testo di legge) che sostituisce il precedente Decreto Balduzzi.

Innanzitutto, la legge in esame istituisce una serie di nuovi organi amministrativi. In particolare, è creata la figura del Garante del diritto alla salute, funzione che potrà essere affidata dalle Regioni all’Ufficio del Difensore civico. Esso potrà essere adito gratuitamente dai destinatari di prestazioni sanitarie per la segnalazione, anche anonima, di disfunzioni nel sistema dell’assistenza sanitaria e socio-sanitaria, ed agirà ove necessario a tutela dell’interessato.

Viene poi prevista l’istituzione in ogni Regione del Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, cui è affidato il compito di raccogliere i dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul contenzioso e di trasmetterli annualmente all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza in sanità. Tale osservatorio, ricevuti i dati, individua le misure idonee per la prevenzione e gestione del rischio sanitario ed il monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza delle cure, nonché per la formazione e aggiornamento del personale esercente le professioni sanitarie.

Viene previsto altresì l’obbligo di trasparenza delle prestazioni sanitarie erogate dalle strutture pubbliche e private nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, costringendo la direzione sanitaria a fornire in tempi rapidi la documentazione sanitaria relativa al paziente. Viene, infine, disposto che le strutture sanitarie pubbliche e private debbano pubblicare sul proprio sito Internet i dati relativi ai risarcimenti erogati nell’ultimo quinquennio.

La novella legislativa prescrive che gli esercenti la professione sanitaria debbano attenersi alle buone pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni previste dalle linee guida, contestualmente imponendo che un elenco completo ed esaustivo delle stesse buone pratiche e linee guida sia istituito e regolato con Decreto ministeriale ed inserito nel Sistema nazionale per le linee guida (SNLG).

La più rilevante novità introdotta dalla Legge in esame è, tuttavia, rappresentata dall’inserimento, all’interno del Codice Penale, dell’art. 590-sexies che abroga l’art. 3 della previgente legge Balduzzi e, recependo l’orientamento giurisprudenziale formatosi su detto articolo, sancisce che: “se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto nel secondo comma. Qualora l’evento si è verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

Si tratta di tutti quei casi in cui il medico (o altro operatore sanitario), in maniera del tutto involontaria, cagiona la lesione o la morte del soggetto sottoposto al trattamento sanitario. Ebbene, in questi casi, il medico responsabile sarà soggetto alle pene previste rispettivamente per l’omicidio colposo (art. 589 c.p.) e/o per le lesioni personali colpose (art. 590 c.p.).

Vi è però un’eccezione: laddove la morte o le lesioni siano state cagionate da imperizia da parte del medico, non vi sarà responsabilità se il medico stesso si è attenuto alle linee-guida e alle buone pratiche previste per quel tipo di intervento o operazione, sempre che le stesse siano adeguate al caso concreto.

Il medico che seguirà le linee guida non risponderà quindi penalmente a causa di errori tecnici da lui commessi. La responsabilità del sanitario sussisterà, invece, qualora la morte o le lesioni siano il prodotto di un atteggiamento imprudente o superficiale del medico nei confronti del paziente.

La suesposta speciale irrilevanza penale, operante solo con riferimento ai reati di omicidio colposo e lesioni colpose, affida pertanto al giudice l’importante compito di distinguere, caso per caso, l’imperizia del medico dalla negligenza e/o imprudenza.

Gli altri due presupposti previsti dalla norma sono il rispetto delle linee guida e l’adeguatezza alle specificità del caso concreto delle linee guida: la punibilità è infatti esclusa quando il medico abbia agito nel rispetto delle raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

Mentre il Decreto Balduzzi non forniva alcuna precisazione circa le linee guida e le buone pratiche cui il medico avrebbe dovuto attenersi nella sua attività, la nuova disposizione sancisce che le dette linee guida, il cui rispetto esclude la punibilità, sono quelle “definite e pubblicate ai sensi di legge”. Più precisamente, sono quelle “elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministero della salute da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da aggiornare con cadenza biennale”.

In altre parole, sono le tecniche riconosciute dalla comunità medica, le “istruzioni per l’uso” per ogni tipologia di intervento o operazione, codificate all’interno dei vari documenti scientifici.

In ambito prettamente civilistico, un’altra importante novità è costituita dall’obbligo di assicurazione: a) per la responsabilità contrattuale verso terzi e verso i prestatori d’opera, a carico delle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, anche per i danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso le strutture medesime; b) per le strutture, ulteriore polizza assicurativa per la copertura della responsabilità extracontrattuale verso terzi degli esercenti le professioni sanitarie, per l’ipotesi in cui il danneggiato esperisca azione direttamente nei confronti del professionista; c) per il professionista sanitario che svolga l’attività al di fuori di una delle predette strutture o che presti la sua opera all’interno della stessa in regime libero-professionale, ovvero che si avvalga della stessa nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente.

A ciò si aggiunge l’obbligo per ciascun ente ospedaliero di pubblicare sul proprio sito Internet gli estremi dell’impresa con la quale hanno stipulato la polizza, onde consentirne la rapida identificazione da parte dei soggetti danneggiati.

Sempre in ambito civile, la riforma, anche in questo caso recependo il costante indirizzo giurisprudenziale, ha sancito in maniera esplicita che la struttura sanitaria debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale nei confronti del paziente, mentre il medico a titolo di responsabilità extracontrattuale.

La suddetta distinzione riveste fondamentale importanza ai fini procedurali, sia relativamente al termine di prescrizione applicabile (pari a 10 anni per la responsabilità contrattuale e 5 anni per quella extracontrattuale), sia, soprattutto, in termini di onere probatorio: nel caso di responsabilità contrattuale della struttura, infatti, al paziente danneggiato basterà provare il titolo (che dimostri il ricovero e dunque l’assunzione dell’obbligazione da parte dell’ospedale) ed allegare l’inadempimento, il resto spettando all’ente convenuto, mentre, nel caso di responsabilità extracontrattuale del singolo medico, l’onere dell’attore/paziente danneggiato comprende tutti gli elementi della pretesa, tanto quello oggettivo, condotta – evento – nesso di causalità, che quello soggettivo, consistente nella colpa.

La riforma prevede inoltre, quale condizione di procedibilità per l’azione giudiziaria, il preventivo esperimento di un Accertamento Tecnico Preventivo o, alternativamente, del tentativo di mediazione, da esperire davanti ad un Organo a ciò specificatamente preposto.

L’Accertamento Tecnico Preventivo (c.d. ATP) consiste nel promuovere ricorso davanti al giudice civile competente richiedendo di effettuare una consulenza tecnica preventiva, ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c., ai fini dell’accertamento del danno subito e della determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. La domanda giudiziale è procedibile solo se la conciliazione non riesce o il relativo procedimento non si conclude entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso.

Con lo strumento alternativo della mediazione, le parti adiscono l’Organismo ad hoc al fine di effettuare un incontro e, con l’assistenza di un mediatore terzo nominato dallo stesso Organismo, tentare la strada della composizione bonaria. Anche in questo caso, la domanda giudiziale è procedibile se la conciliazione non riesce.

Articolo redatto a cura dell’Avv. Luca Rufino